ONAGER
Ipotesi ricostruttiva di un onager (monoancon in greco); non è chiaro se questo strumento, utilizzato fin dal III secolo a.C., sia caduto successivamente in disuso, per poi essere riutilizzato in epoca imperiale o se, com'è molto probabile, l'utilizzo di questa macchina sia stato continuativo nei secoli. A favore di quest’ultima ipotesi anche la considerazione che alcune delle impronte lasciate dalle palle di pietra sulle mura di Pompei durante l’assedio del 89 a.C., risultano troppo grosse per essere state lanciate da una balista.
Il nome latino è dato dal suo movimento: il braccio, in fase di lancio, provocava infatti, a causa della forza prodotta, il sollevamento posteriore della macchina, come lo scalciare degli asini selvatici, chiamati appunto onagri.
Lo scrittore greco Filone di Bisanzio (280-220 a.C. circa), ci tramanda nel suo Trattato di Meccanica (libro V), che le palle che venivano lanciate da questa macchina, pesavano circa 26 chili (un talento) mentre lo storico Ammiano Marcellino (330-397 circa), oltre a darci una descrizione abbastanza precisa della forma e del funzionamento della macchina (Rerum Gestarum XXIII, 4), ci informa che era costruita in legno di quercia o di leccio e che necessitava di quattro inservienti per lato per il suo funzionamento. Altri autori che ne parlano, (in maniera decisamente reticente), sono l'architetto Apollodoro di Damasco (50-130 d.C. circa) nell'opera Poliorketica (paragrafo 188) e Renato Flavio Vegezio (seconda metà IV secolo – V secolo d.C.) in Epitoma Rei Militaris (IV 9).
(Cortesia Flavio e Ferruccio Russo)